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Storia

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“Resta il luogo di Lisio situato in mezzo a due montagne, cioè una a levante e l’altra a ponente, e dalla parte di mezzodì vi resta pure coperto da altra montagna; trovasi distante dalla città di Mondovì miglia sette, e da quella di Torino quaranta. Li suoi confini sono con li territori di Viola, Monasterolo, Scagnello e Mombasilio, Battifollo e Bagnasco. L’aria è buona e gi abitanti attendono a’ lavori di campagna.”
Così scriveva nel 1753 Lazzaro Corvesy, l’Intendente della Provincia di Mondovì e aggiungeva:
“Li particolari fanno un negozio considerabile di semenza di bigatti, qual è molto accreditata.
Eravi già in quelle montagne una miniera di piombo, di cui se ne vedono ancora le vestigia nelle falde delle montagne vicino al detto torrente verso levante in poca distanza dal luogo, qual miniera dicesi sia stata abbandonata nel principio di questo secolo. Vi è un molino d’una sola ruota sul detto torrente Mongia proprio del Sig. conte Salmatoris del Villar e conte Solaro di Moretta.”
(il secolo di Corvesy ovviamente è il ‘700 e i bigatti sono i bachi da seta).
A quell’epoca sono documentati 150 nuclei familiari per una popolazione di 720 persone.
Andando indietro nel tempo, nell’antichità tutto il territorio, posto fra il delta del Rodano a tutto il nord ovest italiano, era popolato dai Liguri: Epanteri si chiamavano quelli che abitavano nella nostra zona. Il quadro archeologico e storico relativo al popolamento preromano nel nostro territorio è assai lacunoso, a causa della scarsità dei dati disponibili. Dalle testimonianza antiche si ricava comunque che i liguri vivessero in comunità autonome fra di loro e che la loro economia fosse povera, legata a forme di pura sussistenza. Gli autori antichi scrivono che spesso si arruolavano come mercenari al servizio dei greci e dei cartaginesi.
Tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C. le invasioni galliche, popolazioni provenienti dall’attuale Francia, portarono grosse novità nelle comunità liguri, che adottarono gli usi e i costumi dei galli, che erano molto più avanzati, giungendo, nel corso dei secoli, a unire le diverse popolazioni, le lingue e i culti religiosi.
Tutto il nostro territorio fu infine conquistato dai Romani, ma anche di questo periodo non abbiamo testimonianza dirette relative a Lisio. Antiche leggende, tramandate oralmente fino a noi, raccontano ancora delle incursioni dei Saraceni nel X secolo ma le prime testimonianze sicure sul nostro paese risalgono invece al Medio Evo: certa e documentata è la notizia che Lisio apparteneva, all’interno dell’impero Carolingio, alla Contea di Bredulo e faceva parte della Diocesi di Asti. Conquistato nel 1091 da Bonifacio del Vasto venne ceduto nel 1125 al figlio Anselmo, Marchese di Ceva. Da allora fu inglobato in questo marchesato. Negli stessi anni entrò a far parte della Diocesi di Alba, così come tutte le altre conquiste di Bonifacio del Vasto.
Probabilmente in quest’epoca i marchesi di Ceva fecero costruire il Castello, di cui ora rimangono solo i ruderi. Sorgeva sopra un’altura, nel punto in cui la valle si restringe; poteva quindi avere funzione di difesa e di segnalazione. I resti delle mura di cinta rivelano tre strati di diverse ricostruzioni. Venne distrutto, nel XVII secolo, dalle truppe del cardinale Maurizio di Savoia, durante le guerre per la Reggenza al trono di Torino.
Nei secoli seguì le varie vicende comuni a tutto il territorio circostante: prima fece parte del Marchesato di Ceva, poi venne infeudato ad Asti, quando nel 1295 il marchese Giorgio II il Nano, vendette il marchesato a quella città per poi esserne reinvestito ma subordinato ai nuovi signori. Infine nel XVI secolo, assieme a tutto il Marchesato di Ceva, fu annesso al Ducato di Savoia. Nel 1685, sono documentati disordini in paese durante la Guerra del Sale che sconvolse il Monregalese, in quanto la popolazione rifiutava di pagare la gabella del sale ai Savoia.
Nel corso del ‘700, nella risistemazione delle strutture ecclesiali piemontesi, Lisio entrò a far parte della diocesi di Mondovì.
Negli anni delle guerre fra Francia e Piemonte, nel 1794-1796, Lisio fu più volte saccheggiato dai francesi e subì pure le vessazioni dei soldati sabaudi. Dopo le vittorie napoleoniche, assieme a tutto il Piemonte, entrò a far parte dell’impero Francese, per ritornare con il Congresso di Vienna. sotto i Savoia, che già nel ‘700 avevano acquisito il titolo di re di Sardegna.
Portava il titolo di Conte di Lisio in quegli anni il celebre conte Moffa, nativo di Bra, che nel 1821 guidò i moti carbonari volti a instaurare una monarchia costituzionale in Piemonte e a dare avvio all’unificazione italiana. Sconfitti i carbonari, il conte di Lisio fuggì in esilio in Francia, per ritornare in patria soltanto in epoca cavouriana ed assumere importanti cariche istituzionali.
Nel 1861 anche Lisio entrò a far parte del regno d’Italia e ne seguì tutte le vicende storiche e politiche. Dalla fine dell’ottocento anche in questo comune ci fu una considerevole emigrazione verso la Liguria e la Francia, che sono facilmente raggiungibili, e verso la lontana Argentina. Nel secondo dopoguerra invece la popolazione si è considerevolmente spostata verso le grandi città del nord-ovest italiano. Torino e Genova.
Durante la seconda guerra mondiale, molti furono i giovani lisiesi caduti nelle guerre condotte dal Regime Fascista in Africa, in Grecia e in Russia e, come tutte le altre comunità del territorio, reagì all’occupazione tedesca sostenendo la numerosa presenza partigiana presente nel paese.
Durante il ventennio fascista Lisio era diventato una frazione di Viola, perdendo così la sua autonomia comunale, che venne riacquistata solo nel 1945 e poi sancita dalla nuova Repubblica Italiana, formatasi nel 1946, dopo il referendum del 2 giugno.
Anche negli ultimi decenni la base economica ha continuato ad essere l’agricoltura, anche se molti lisiesi lavorano nelle industrie o nel settore terziario delle cittadine di pianura.